Lo scorso 8 gennaio l’azienda Beijing Betavolt New Energy Technogy ha annunciato di aver sviluppato con successo una batteria, dalle dimensioni ridotte, alimentata a radioisotopi. Questo significa che la produzione di energia non avviene attraverso reazioni chimiche ma sfruttando l’energia rilasciata dal decadimento radioattivo di un isotopo, il nichel-63. Secondo l’azienda, la sarebbe a buon punto: terminata la fase di test, la tecnologia potrebbe diventare pronta al lancio sul mercato.

Questo dispositivo è in grado di conservare la carica per 50 anni circa: una batteria di questo tipo potrebbe, in linea di principio, permettere di non dover mai ricaricare il proprio smartphone. Questa batteria è in grado anche di operare in un ampio intervallo di temperatura, tra –60 °C e 120 °C. Per ora l’azienda cinese ha prodotto soltanto un prototipo, dalle dimensioni di 15x15x5 millimetri, che può fornire 100 microwatt di potenza a una tensione di 3 volt; l’obiettivo dichiarato dall’azienda è raggiungere la potenza di 1 watt entro la fine del 2025 e arrivare alla produzione di massa. Se il progetto verrà portato avanti, si tratterebbe della prima batteria nucleare al mondo ad essere prodotta in serie.

Sgombriamo ora il campo da un possibile fraintendimento: la batteria funziona tramite energia atomica (o energia nucleare), ma non ha niente a che fare con quello che succede in una centrale nucleare – o ancor peggio in una bomba atomica – perché non avvengono reazioni nucleari al suo interno. Inoltre, a differenza di quanto avviene nelle centrali nucleari, al termine della sua vita non rimangono scorie radioattive. Come funziona quindi questa batteria?

Articolo anche su Hack a Day!